In una perfetta giornata uggiosa piemontese, siamo stati alla Villetta, così chiamiamo in famiglia la cappella del cimitero di Bra, la tomba dei Reviglio della Veneria. Erano anni che non andavo coi miei genitori. Il tempio, uguale alla Gran Madre di Torino, fu costruito nel 1868-70 da quattro famiglie nobili della città e fu donato alla città nel 1914. Un onore ed una grande emozione, ritrovare la lapide del mio avo architetto, Carlo Reviglio della Veneria che la volle fortemente e la progettò. Cresciuto in un ambiente impregnato di ‘cose artistiche’, non risultano dati comprovanti una formazione anche solo approssimativamente accademica. I primi biografi sottolineano la sua formazione autonoma, alimentata esclusivamente dalla sua passione e dal suo talento, diventa uno dei più stretti collaboratori di Giuseppe Talucchi, per il quale incise le tavole di progetto e diresse svariati cantieri, collocandosi così, nel quadro del classicismo civile sabaudo. Come la sottoscritta, non aveva una preparazione accademica in architettura ma contribuì a progettare chiese, palazzi e parchi per l’entourage piemontese ed ecclesiastico vicino a Don Bosco. La cappella è stata restaurata recentemente al Comune, soprattutto nelle porzioni strutturali. Purtroppo per conflitto d’interessi non ho potuto parteciparvi.
Dopo un istruttivo giro nei sotterranei, dove abbiamo ricostruito alcune parentele per memoria di noi più giovani e meno edotti, mia madre ha sistemato i fiori. Come da tradizione, siamo andati da Converso, in centro a Bra, pasticceria famosa per le caramelle alla genziana. Due passi per annullare i sensi di colpa culinari e siamo andati da Badellino, famoso ristorante Braidese dove abbiamo gustato le prelibatezze piemontesi. Anche i nostri figli ci accompagnano ogni anno, chi più chi meno, sono venuti tutti. Un modo piacevole e dovuto per portare il passato nel futuro e per ricordare, in questo tempo di confusione, chi siamo e da dove veniamo.